Vendere prodotti non basta più. Oggi ogni azienda correttamente posizionata sul mercato sa che occorre saper vendere esperienze. E, si badi bene, questa considerazione non trova la sua radice nel periodo di pandemia bensì molto prima, quando semplicemente ci si limitava a “galleggiare” nelle proprie competenze e know-how acquisiti mentre il mercato prendeva tutt’altra strada.
Siamo inondati di prodotti, di oggetti, di gadget di qualsiasi tipo e funzionalità: ma perché tendiamo a sceglierne alcuni invece di altri? Perché a parita di qualità o di utilità scegliamo un prodotto piuttosto che un altro? In altri tempi la risposta sarebbe stata semplice e custodita nel fatto che chi faceva pubblicità e la faceva bene aveva più chance.
Il prodotto è la percezione delle esperienze
Oggi il meccanismo è sensibilmente cambiato. I social hanno aperto la strada ad una considerazione differente del prodotto (o del servizio) e si è passati gradualmente, ma inesorabilmente, dal puntare tutto sulla customer satisfaction, ovvero la soddisfazione del cliente nell’utilità del prodotto, alla customer experience, ovvero all’esperienza che il consumatore ricava dalla scelta.
La scelta ricade, sostanzialmente, sul marketing esperienziale che non si intende finalizzato direttamente alla vendita di un prodotto, ma alla creazione di un’esperienza. Che se efficace e capace di toccare le corde giuste, lega il consumatore al brand. E questo legame è molto complicato da sciogliere. Legame che in un certo senso conduce in maniera quasi naturale all’acquisto del prodotto o del servizio.
Personalizzazione e coinvolgimento
Un’esperienza che molti brand hanno costruito seguendo la linea della personalizzazione e del coinvolgimento emozionale e sensoriale del consumatore, così da porre al centro della comunicazione non il prodotto ma il consumatore stesso e l’esperienza che ne ricaverà.
Pensiamo ad un brand di abbigliamento che chieda ai suoi utenti o followers di consigliare i fashion designer sulla prossima linea di abiti, per esempio. E che dei suggerimenti faccia degli stili riconoscibili. Un’esperienza, quindi, che non mette al centro il prodotto, in questo caso il vestito, bensì l’esperienza dell’utente che emotivamente si trova coinvolto nel pensare che qualcuno indosserà l’abito da lui “disegnato”.
Chiediamoci dunque sempre, prima di dare vita ad una campagna di marketing, se vogliamo vendere un prodotto lasciando in un cassetto il legame con il consumatore oppure, seguendo un trend ormai consolidato, vogliamo vendere esperienze e legare i consumatori al nostro brand. Così da vendere loro ciò che siamo, ciò che vogliamo fare e come lo facciamo: per cui i nostri prodotti o servizi saranno solo il passaggio finale di una relazione duratura nel tempo.